Dupuytren Avanzato
Il morbo di Dupuytren rappresenta la più frequente malattia benigna ereditaria del tessuto connettivo della mano. Si tratta di una progressiva e cronica situazione che si crea mediante un ispessimento del tessuto fibroso situato sottocute nel palmo della mano e nelle dita.
La causa è tuttora ignota, così come la sua evoluzione che è alquanto variabile. Colpisce prevalentemente la razza caucasica e il sesso maschile, dopo i 40 anni (più frequente il suo esordio tra i 50 e i 60 anni). La malattia può colpire il palmo e uno o più dita, e spesso nei pazienti sono coinvolte entrambe le mani (nei pazienti ultra70enni la bilateralità si osserva fino al 70% dei casi). La familiarità della malattia è assodata, con una trasmissione autosomica dominante a penetranza variabile. L’aggressività in termini di coinvolgimento pluridigitale e rapida progressione temporale è più evidente nei casi in cui la malattia di Dupuytren coesista con la malattia di Ledderhose (analoga, ma con interessamento della fascia plantare) e con la malattia di La Peyronie, in cui sono coinvolti i corpi cavernosi del pene.
Sono considerate comorbidità favorenti l’insorgenza della malattia l’ipercolesterolemia, il diabete mellito, il fumo, l’abuso di alcool, l’epilessia, i farmaci antiepilettici, traumi locali, l’utilizzo cronico della mano per lavori manualmente pesanti. Attualmente queste situazioni sono considerate associate alla malattia senza esserne la causa.
Al momento non esistono ancora trattamenti sicuramente efficaci, in quanto nessuno è in grado di assicurare la scomparsa totale della malattia: la recidiva e l’estensione infatti sono tuttora inevitabili.
La malattia di Dupuytren si presenta in modo vario partendo con un ispessimento cutaneo nel palmo della mano che in modo del tutto imprevedibile nel tempo può evolvere in nodulo, cordone senza retrazione del dito a valle, piccole ombelicature cutanee o addirittura prominenze bozzute. Raramente interessa anche il dorso delle dita con noduli soprattutto in corrispondenza delle interfalangee prossimali (knuckle pads) la cui composizione è identica al tessuto palmare. Il nodulo ha un aspetto simile ad una callosità nel palmo della mano, spesso viene confuso con essa. La possibile evoluzione della malattia consiste nell’accrescimento della corda sottocutanea che estendendosi a uno o più dita causa la retrazione del dito stesso, costretto in flessione ed impossibilitato ad estendersi. Nelle forme più gravi, ormai di rara osservazione, il dito è addirittura ripiegato su sé stesso con il rischio di macerazioni e ulcerazioni della cute volare. La classificazione tradizionale più utilizzata della gravità della retrazione è quella di Tubiana:
grado 0: nodulo palmare senza retrazione
grado 1: presenza di nodulo palmare con flessione del dito compresa tra 0 e 45° grado 2: flessione compresa tra 45 e 90°
grado 3: flessione compresa tra 90 e 135°
grado 4: flessione superiore a 135°
La diagnosi si basa essenzialmente sull’osservazione clinica e la quantificazione della gravità della malattia. L’ecografia può essere di supporto sebbene rimanga allo sguardo esperto uno strumento poco utile ancora oggi.
Il trattamento è molto vario. Esistono numerose possibilità, chirurgiche classiche e mini-invasive. Occorre premettere che nello stadio 0 e 1 ogni trattamento è sconsigliato per l’elevato rischio di recidiva precoce ed estensione della malattia.
Le procedure mini-invasive includono la fasciotomia percutanea eseguita con ago e il trattamento infiltrativo con Collagenasi (tossina di Chlostridium histoliticum).
Fasciotomia con ago: ormai poco utilizzata per l’elevatissimo tasso di recidive, può trovare ancora indicazione nei pazienti anziani o con comorbidità importanti. Il trattamento consiste nella rottura in uno o più punti della corda mediante passaggi attraverso la cute di un ago da siringa. La rottura della corda è immediata, il dito recupera parzialmente l’estensione diminuendo così il grado di gravità della contrattura.
Infiltrazione con Collagenasi: approvata dalla FDA nel 2010, è controindicata nei pazienti con allergia nota alla tossina e nei pazienti con problemi circolatori o in trattamento con anticoagulanti. Viene effettuata l’infiltrazione della tossina diluita opportunamente a seconda che si debba trattare una contrattura palmare o digitale e dopo 24 ore in anestesia locale si esegue l’estensione passiva del dito con contestuale rottura meccanica della corda. E’ possibile che si riportino lacerazioni cutanee e sanguinamenti in questa occasione, che guariscono con alcune medicazioni appropriate. Un tutore statico notturno viene applicato in estensione per mantenere il risultato ottenuto per circa un mese.
In entrambi i casi il tessuto sottocutaneo rimane ma essendo interrotto consente l’estensione parziale o completa del dito. La tossina di Chlostridium Histolyticum è erogata dal SSN per le forme di morbo di Dupuytren che presentano requisiti precisi (grado 1 e 2, forme con interessamento di un solo raggio digitale) solo in alcune strutture ospedaliere.
Il trattamento chirurgico per eccellenza è la fascectomia. Eseguita in anestesia periferica (blocco ascellare), consente mediante un’ampia esposizione di asportare il tessuto fibromatoso preservando con attenzione vasi, nervi, tendini. Contestualmente è possibile eseguire una plastica cutanea per poter accompagnare l’estensione del dito “liberato” dal tessuto con una cute non più retratta come dopo anni di malattia. Questa procedura per la sua complessità richiede una competenza superspecialistica, soprattutto nelle forme più gravi nelle quali può essere necessario intervenire sui tendini accorciati e sulle articolazioni in anchilosi con gesti chirurgici associati (tenolisi, artrolisi) e in cui l’anatomia è alterata, con elevato rischio di danneggiare vasi sanguigni e nervi se la dissezione non è più che accurata. Dopo l’intervento è indispensabile il programma riabilitativo che comprende esercizi volti a recuperare l’abilità del dito insieme al movimento riacquistato, insieme all’utilizzo di tutori su misura di vario tipo (statici, statici progressivi, dinamici) oltre il trattamento della cicatrice cutanea.
Questa tecnica è indicata nel trattamento della malattia primaria ma anche nelle recidive dei trattamenti mini-invasivi e di trattamenti precedenti in generale.
La dermofascectomia è un intervento complesso di rara esecuzione che associa alla fascectomia l’utilizzo di innesti cutanei o lembi per coprire zone della mano in cui dopo l’intervento permane una grave mancanza di tessuto di copertura. Indicata in pazienti plurioperati dove la cute cicatriziale è abbondante e non riutilizzabile o negli stadi 4 della malattia, necessita di una selezione preoperatoria accurata per i tempi chirurgici dilatati e gli ancor più lunghi tempi di recupero.
La competenza superspecialistica oltre ad evitare complicanze sopra descritte (lesioni vascolari, nervose e tendinee) e altre quali cicatrici retraenti in seguito a incisioni scorrette, riduce del tutto il rischio di recidive precoci, legate ad un’asportazione incompleta del tessuto fibromatoso.
Il percorso riabilitativo deve essere gestito da un terapista con adeguate competenze per evitare complicanze quali la perdita di estensione del dito operato e le cicatrici retraenti che hanno pesanti ricadute non solo estetiche ma anche funzionali.
Bibliografia
- Eaton: Dupuytren disease. Chapter 4. In: S.W. Wolfe, R.N. Hotchkiss, S.H. Kozin, W.C: Pederson, M.S. Cohen: Green’s operative Hand Surgery. 7thEdition. Elsevier Ed., 2017. Pag. 128-151
- Tubiana, C. Leclerc, L.C. Hurst, M.A. Badalamente, E.J. Mackin: Dupuytren’s disease. 1stEd. London: Martin Dunitz Ltd, 2000. Pag. 239-249
- Spingardi , M.I. Rossello: Surgical Fasciectomy for recurrent disease. Chapter 12. In: M. Rizzo: Dupuytren’s contracture. A clinical casebook. Springer Ed., 2016. Pag. 171-173.