Epicondilite del gomito

Cosa si deve sapere

  • COS’È L’EPICONDILITE DEL GOMITO?
    L’epicondilite, detta anche gomito del tennista, è una patologia flogostico-degenerativa che interessa l’inserzione ossea dei muscoli epicondiloidei a livello del gomito. Interessa principalmente pazienti giovani, lavoratori manuali e/o sportivi che esercitano movimenti ripetitivi di estensione e pronazione del polso.

  • QUALI SONO I SINTOMI?
    L’epicondilite esordisce classicamente con dolore localizzato a livello della faccia esterna del gomito; è presente durante l’attività lavorativa e anche a riposo nelle forme più acute e dolorose. La sintomatologia dolorosa può determinare l’impossibilità di svolgere le attività quotidiane anche semplici, come aprire o sollevare una bottiglia d’acqua. Il dolore si può irradiare a livello della faccia dorsale dell’avambraccio e fino al polso.


  • COME SI DIAGNOSTICA?

    La diagnosi è clinica e può essere supportata da immagini strumentali ecografiche. Il dolore viene evocato dalla pressione a livello del condilo laterale del gomito e viene ulteriormente esacerbato dai movimenti di estensione e di pronazione del polso contro resistenza. L’esame clinico si completa con la ricerca di eventuale dolore alla palpazione 4-5 cm al di sotto dell’epicondilo laterale, suggestivo per una possibile compressione del nervo interosseo posteriore (evento raro): in tal caso è utile associare l’esame elettromiografico per lo studio nervoso.

    L’esame ecografico permette di visualizzare bene l’inserzione dei muscoli epicondiloidei al gomito mostrando i segni flogistico-degenerativi spesso accompagnati dalla presenza di microcalcificazioni o piccole lesioni intratendinee. Importante la diagnosi differenziale con un quadro di iniziale artrosi del gomito, da sospettare in pazienti che eseguono lavori manuali particolarmente pesanti (es. fabbri, operai che utilizzano il martello pneumatico, etc.): in tal caso è doveroso eseguire un esame radiografico del gomito a completamento diagnostico.

 

  • COME SI CURA?
    La maggior parte delle epicondiliti si tratta con terapia conservativa: il riposo e l’astensione temporanea dall’attività lavorativa e/o sportiva alleviano spesso la sintomatologia dolorosa, mentre l’assunzione di FANS per via orale di solito non risulta essere risolutiva.
    Il trattamento consigliato consiste nell’eseguire un ciclo infiltrativo a livello epicondilare con 2-3 infiltrazioni sub fasciali di cortisonico a distanza di 7-10 giorni tra loro; per completare il ciclo infiltrativo, è possibile associare all’utilizzo del cortisonico anche 1-2 infiltrazioni ecoguidate intra-articolari di acido ialuronico, in particolare da prediligere in pazienti con condropatia/artrosi o instabilità articolare legata a pregressi traumi. L’uso esclusivo di acido ialuronico nelle forme acute solitamente non ottiene risultati soddisfacenti.
    Altra possibilità terapeutica è rappresentata dalle infiltrazioni con PRP, da eseguirsi sempre con l’ausilio ecografico a livello del complesso tendineo epicondilare, ma sulla cui validità non esistono ancora consensi unanimi a livello scientifico.
    Durante il periodo infiltrativo è utile integrare l’effetto dei farmaci somministrati con un trattamento fisioterapico di stretching e di detensione della fascia muscolare associati a terapia strumentale locale come Laser Yag terapia.
    L’utilizzo di onde d’urto focali a livello epicondilare e di integratori tendinei per via orale può avere un discreto successo in alcuni casi sub-acuti o cronici.

  • È NECESSARIO USARE IL TUTORE?
    Esistono dei tutori per epicondiliti che hanno la funzione di ridurre il sovraccarico e la tensione tendinea inserzionale al gomito.Il tutore deve essere indossato 3-4 cm sotto l’epicondilo ed il suo utilizzo è consigliato soprattutto durante la fase di remissione del dolore quando il paziente inizia a programmare il ritorno alle attività sportive e/o lavorative.

  • QUANDO è NECESSARIO L’INTERVENTO?

    Il trattamento chirurgico viene riservato ai casi che non rispondono al trattamento conservativo o alle recidive di sintomatologia dolorosa.
    L’intervento si esegue in regime di day surgery e mediante anestesia loco-regionale del plesso brachiale: si pratica una piccola incisione di circa 3 cm sull’epicondilo e si esegue un’accurata pulizia dei tendini epicondiloidei avendo cura in particolare dell’estensore radiale breve del carpo, che solitamente risulta essere la struttura tendinea più logorata. Nei casi più gravi si esegue la parziale o totale tenotomia di questo tendine a scopo antalgico, senza che ciò determini alcun deficit funzionale e/o di forza.
    La mobilizzazione attiva è incoraggiata dal giorno successivo all’intervento ed il ritorno alle attività lavorative e sportive è consigliato dopo 1 mese.

  • QUALI POSSONO ESSERE LE COMPLICANZE?
    Le complicanze post infiltrative si verificano raramente in seguito ad infiltrazioni di cortisonico e sono legate a comparsa di discromia-sbiancamento cutaneo e/o atrofia del grasso sottocutaneo.
    Le complicanze post chirurgiche sono rare: nel 5% dei casi si può verificare la comparsa di ematoma a livello epicondilare che viene risolto con trattamento fisioterapico. La risoluzione del dolore si ottiene nel 85-90% dei casi.
    In letteratura è segnalato che il 5-7% di pazienti presenti un parziale persistenza della sintomatologia dolorosa e circa il 5-3% dei pazienti non riporti alcun beneficio in seguito al trattamento chirurgico.