Piede: chirurgia mininvasiva percutanea per tutti, ma con particolari caratteristiche

Intervista alla dottoressa Maria Cristina Facchini, Referente del Joint Care Team per la Chirurgia Miniinvasiva del Piede.

Per affrontare le varie patologie del piede (alluce valgo, metatarsalgie, dita in griffe, fasciti plantari, speroni calcaneari e morbo di Haglund) in una maniera meno aggressiva, con una possibilità di recupero più veloce e meno dolorosa per il paziente rispetto alle tecniche tradizionali, da 6 anni uso una tecnica di chirurgia mininvasiva che ho imparato in Spagna.

Con questa tecnica, riusciamo ad affrontare con un buon successo e beneficio del paziente, tutte le principali patologie del piede.

Come funziona?

L’intervento si svolge in regime di Day Hospital: viene eseguita un’anestesia locale con sedazione da parte dell’anestesista, eseguiamo i piccoli accessi con un mini bisturi, e con le piccole frese (simili a quelle dei dentisti) pratichiamo il rimodellamento dell’osso esuberante ed eseguiamo la correzione chirurgica adatta. In genere non utilizziamo mezzi di sintesi (viti, fili, cambre) ma eseguiamo un bendaggio particolare che il paziente poi porterà per un mese.

Quanto dura l’intervento?

L’intervento dura mezz’ora circa, e il paziente rimane in clinica solo per il tempo necessario all’osservazione post operatoria.

Dopo quanto tempo dall’intervento al piede si può camminare?

Subito dopo l’intervento, il paziente è in grado di camminare con una scarpa post operatoria piana che porterà per circa un mese. 

Dopo 10-15 giorni, noi ortopedici insieme al nostro gruppo di podologi eseguiamo il controllo con una medicazione e un rinnovo del bendaggio che a 30 giorni dall’intervento viene rimosso. Il paziente viene lasciato libero dal bendaggio con l’indicazione di iniziare a eseguire a domicilio dei pediluvi in acqua tiepida e bicarbonato alla sera per un mese. 

E’ necessaria la fisioterapia?

Fondamentale è il percorso fisioterapico con ultrasuoni in immersione, linfodrenaggi, massaggi linfodrenanti, mobilizzazione delle dita, della caviglia, esercizi propriocettivi, ripresa e rieducazione alla deambulazione con un carico adatto anche sul primo raggio e applichiamo, dopo ogni seduta, un taping neuromuscolare (neurotaping) per favorire il drenaggio dell’edema (il gonfiore) che può residuare anche per tre mesi.

Tutti possono sottoporsi alla chirurgia mininvasiva percutanea?

Innanzitutto, il fatto che la chirurgia sia mininvasiva non deve portare a pensare che sia un intervento che si effettua per motivi puramente estetici. L’indicazione all’intervento, ovvero quali casi possono essere operati con questa tecnica, viene data da noi chirurghi: infatti, la sola presenza di deformità del piede non è un’indicazione sufficiente. Insieme alla deformità deve esserci anche un quadro doloroso o non funzionale. Non ci sono però limiti di età: io ho operato pazienti dai 15 ai 93 anni, con un buon esito nella maggior parte dei casi e una ripresa dell’attività lavorativa immediata nel caso di persone che eseguono lavori in cui non è richiesto di passare lungo tempo in piedi (commessa di negozio, parrucchiere, eccetera), ai quali consigliamo invece almeno 2 mesi di astensione del lavoro proprio per facilitare il buon esito dell’intervento.

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